“Marika, stai per arrivare? Perché Lucio non vede l’ora di conoscerti!”. La voce di Manuela, al telefono, è – come sempre – accogliente. La rassicuro e le chiedo di fare altrettanto con Lucio. Intuisco che sto per incontrare persone speciali, ma la realtà supera le mie aspettative.
Quando mi presento davanti alla porta di Palo Giallo, in via Rivalta 48, Manuela mi viene incontro, dandomi il benvenuto. Da perfetta Anfitrione qual è, fa gli onori di casa e mi presenta a tutti i ragazzi: percepisco che c’era dell’attesa nei miei confronti, e non certo perché era stato loro promesso che, dopo il mio arrivo, avrebbero potuto fare merenda…
Manuela aveva spiegato loro che avremmo passato del tempo insieme e che loro, solo se avessero voluto, si sarebbero potuti raccontare, avrebbero potuto raccontare il significato di Palo Giallo.
Il primo che si avvicina, mentre gli altri ragazzini fanno capannello intorno ai vassoi di pizza e focaccia gentilmente offerti dall’associazione, è – manco a dirlo – proprio Lucio. Timidamente, mi sporge un foglio. Lo leggo: ha scritto la sua presentazione, in stampatello, si è firmato e in fondo al foglio ha disegnato un cuore.
Guardo il giovane ragazzo con gli occhiali e l’andatura dinoccolata, lui mi sorride. “L’ho scritto per te – spiega, indicando il foglio che ho appena finito di leggere – per non dimenticarmi cosa dovevo dire”. Un gesto di attenzione nei miei confronti, la paura non che io potessi scordarmi qualcosa ma, al contrario, che potesse farlo lui.
Lucio frequenta la seconda superiore di un istituto turistico, ama l’italiano e sogna di diventare meccanico. Ha iniziato a vivere Palo Giallo alcuni anni fa, quando era ancora uno studente delle scuole secondarie di primo grado. Ricorda con affetto e nostalgia la pizzata del venerdì sera, organizzata in associazione come appuntamento settimanale per i ragazzi e senza i genitori (per dare anche a loro una serata di svago) e che, causa Covid, non è ancora stata ripristinata. Quando finiamo di parlare si siede su un divanetto e inizia a giocare con il cellulare. Sembra assorto nel proprio mondo, eppure… eppure si accorge di tutto ciò che lo circonda, vi partecipa ridendo sotto i baffi, nota persino che sul marciapiede era passata la mamma di Vittorio e che aveva fatto roteare in aria l’indice, a dire “torno dopo”.
Vittorio ha dunque modo di fermarsi ancora, in questa ampia stanza che lui percorre in lungo e in largo. Corre, salta, rincorre una pallina di spugna che usa a mo’ di freccetta per colpire il bersaglio, va a prendersi da bere e, sempre in movimento, mi racconta che in associazione viene solo il venerdì. “Amo stare qui – ammette – perché ci sono tanti giochi e facciamo merenda insieme”. Otto anni, frequenta una scuola elementare del quartiere – “la mia materia preferita è la matematica” – e un sogno nel cassetto: diventare cassiere. La motivazione? “Perché potrei stare in mezzo alla gente, conoscere tante persone!”.
Seduto al tavolo vicino al quale Vittorio e io chiacchieriamo, c’è Andrea. Ha undici anni, comunica solo annuendo o meno con la testa. Ha gli occhi scuri e vispi, Andrea; uno sguardo che ti posa addosso e che ti resta incollato dentro. Manuela lo affianca per svolgere i compiti e, quando per un momento lei mi rivolge la parola per aggiungere un tassello alla descrizione di Palo Giallo, lui si alza come a dire “Non mi stai considerando”. Manuela raccoglie questo piccolo disappunto e si torna a fare i compiti insieme. Osserva molto, Andrea. E, a sorpresa, decide di comunicare con me. Non a parole, ma attraverso un foglio. Le regole del gioco le ha dettate Manuela: io faccio le domande e Andrea scrive la risposta. Così, scopro – anzi, leggo – che ha undici anni, che frequenta una scuola lì vicina, che ha una sorella più grande e che vive Palo Giallo da quando l’associazione è nata; ragion per cui, ha vissuto anche tanti momenti di condivisione e di gite, come quella in montagna, la sua preferita. Andrea, rispondendo alla mia ultima domanda – “Cosa ti piace di più fare qui?” – restituisce la quintessenza di Palo Giallo: “Mi piace tutto”.
Quando vado via, tutti i ragazzi si alzano spontaneamente per salutarmi. Tutti, compreso Andrea che si avvicina e mi saluta con la mano e sorridendo. Ognuno saluta a modo proprio, ma il sorriso è sulla bocca di ciascuno di loro. Il sorriso di questi ragazzi, è il senso e la forza di Palo Giallo.
Marika Demaria, giornalista e amica di Palo Giallo